martedì 17 gennaio 2017

PERSON OF INTEREST recensione (no spoiler)

Premessa: io sono proprio negato con le recensioni, ma Dile dice che questa devo scriverla io perché la serie è molto "filosofica". Il problema è che io NON RICORDO LE STORIE, mi restano in mente solo le idee. Ecco perché non ci saranno spoiler. Non per volontà, ma per necessità (o per demenza,  fate voi). Insomma, non so cosa ne uscirà ma ci provo, più che altro per rispondere alla sfida coniugale. 
Facciamo così: tutte le volte che, per inserire un "dato" che non mi ricordo, dovrò cercarlo su internet, lo indicherò col segno #. 

La prima "person of interest", qui, è il creatore della serie: Jonathan Nolan, fratello del regista Christopher e suo collaboratore e sceneggiatore per molti film. Io amo tutto quello che esce da casa Nolan, da Memento a Interstellar passando per quel capolavoro assoluto che è "Il Cavaliere oscuro"(l'unico film che ho insistito per far vedere e rivedere a Dile, mentre solitamente accade il contrario). 

Partiamo da qui: avete presente quella scena di The Dark Knight in cui #Morgan Freeman (che interpreta #Lucius Fox) è davanti a un muro di schermi collegati a una specie di mega sonar che rileva la presenza di esseri viventi in tutte le stanze di un grattacielo?

Per chi non se lo ricorda, ecco qua (ovviamente #):



Ecco, prendete questa idea e ampliatela, fino a farla diventare un sistema in grado di processare informazioni provenienti da ogni telecamera posta in ogni edificio, semaforo e angolo di strada.

Questa Macchina esiste, ideata da un certo Finch (sììì, me lo sono ricordato!!) per conto del Governo Americano, che intende servirsene per garantire sicurezza agli abitanti dopo il panico creatosi a causa degli attacchi terroristici del 2001.

(ah, Finch è interpretato da #Michael Emerson)

La Macchina è in grado di prevedere possibili attentati sulla base dell'osservazione dei comportamenti delle persone, che suddivide in due categorie: "rilevanti" o "irrilevanti".

Il governo si occupa solo dei casi rilevanti, ma Finch è tormentato dal non poter impedire che persone "irrilevanti" muoiano per mano di altre persone, anche se la Macchina in teoria saprebbe prevedere tali delitti. Decide così di occuparsi in segreto di questi casi, assoldando una sorta di "Cavaliere oscuro" in giacca e cravatta: #John Reese (interpretato da #Jim Caviezel).

La serie così potrebbe sembrare un semplice procedurale: ogni puntata, un nuovo caso. Ma qui c'è Nolan signori. E stupisce due volte: non solo perché inserisce una trama di sottofondo che via via emerge come quella principale e veramente interessante; ma anche perché, mentre tutti si aspetterebbero uno sviluppo che punti sul fatto che la Macchina fa gola a tanti, e che perciò tanti se la contendano per i più svariati motivi, Nolan ribalta la prospettiva.

È la Macchina che diventa la protagonista. Ed ha anche il suo antagonista – un'altra Macchina, in una lotta tra divinità create dall'uomo per scrollarsi di dosso il peso della propria libertà.

Due visioni del mondo si contrappongono: l'una in cui Dio, come prezzo per mantenere l'ordine e la pace, richiede sacrifici umani e controllo pianificato di ogni aspetto della vita; l'altra in cui il limite dell'azione di Dio coincide con il riconoscimento della fondamentale "rilevanza" di ogni essere umano.

Chi la spunterà? Avrete la risposta al termine della quinta serie, e non sarà affatto banale.

Come non è banale il leitmotiv che sembra percorrere buona parte della ricerca cinematografica di Jonathan Nolan, ovvero l'emergere della coscienza attraverso la memoria.
(Anche) di questo tratta Memento, (anche) di questo Person of Interest, (anche di questo) Interstellar, e soprattutto di questo Westworld, la cui prima stagione regge alla grande, ma rischia di perdersi un po' sullo stile di Lost (mai titolo più funestamente azzeccato, peraltro). 

Vediamo cos'altro saprà tirar fuori il nostro eroe: nel frattempo godiamoci e rigodiamoci "Person of interest", che tra l'azione, l'apocalisse digitale, la distopia orwelliana e la teologia politica – e perché no Amy Acker, o per le donne Jim Caviezel – ci ricorda che l'interesse per la persona è una rischiosa sfida per le persone stesse.



(comunque, tra tutti gli interpreti della serie, l'unica di cui mi sono ricordato il nome è Amy Acker.....)







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