sabato 5 novembre 2016

Elogio della chiacchiera di paese


La chiacchiera è come la cacca: a nessuno piace, ma tutti la fanno.
È proprio un bisogno primario. Uno strumento di sopravvivenza.
E proprio così ve la voglio presentare, nella sua utilità sociale ed esistenziale. Mi perdonerà il sommo snob Martin Heidegger, che tanto la disprezzava: forse ricorderete le pagine di "Essere e Tempo" in cui la chiacchiera viene assunta ad archetipo della dimensione della spersonalizzazione, della perdita di responsabilità ("si dice", "si racconta", senza soggetto) e della perdita del contenuto (l'importante è che si discorra di qualcosa, non importa di cosa).
Peccato che Heidegger abbia finito per abbracciare la più grande spersonalizzazione del secolo scorso: il totalitarismo di massa; in cui il "si" impersonale è arrivato fino all'estremo del "si uccide".

Ma basta con i discorsi filosofici, qua si deve chiacchierare!!

Intendiamoci, non che voglia elogiare qualsiasi tipo di chiacchiera. C'è una chiacchiera tremenda, orribile tanto quanto affascinante, che consiste nel "parlar male di qualcuno che non c'è", nel demonizzare quello lì, sentendoci così parte di una "cerchia ristretta dei non esclusi". Questo tipo di chiacchiera assolve alla funzione di tutte le chiacchiere, su cui tornerò tra poco, che consiste nel voler instaurare un senso di comunità: tuttavia lo fa a discapito di qualcuno che da tale comunità viene escluso. Ne abbiamo molti esempi anche fuori dalla realtà di paese, e specialmente nelle piattaforme di messaggistica e sui social, in cui si può insultare a piacere e a distanza di sicurezza (qui, caro Martin, un po' di ragione ce l'avevi!;) 
Ma ci sono almeno altri due tipi di chiacchiera che hanno il pregio di tutte le chiacchiere senza il difetto della chiacchiera insultante. E queste non si possono replicare nel mondo del web. Le ho sperimentate vivendo in un piccolo paesello.
La prima forma di chiacchiera che voglio elogiare è la celeberrima chiacchiera sul tempo metereologico. In qualunque negozio di paese entriate, la prima cosa di cui sentirete parlare (o parlerete voi stessi), prima ancora di ciò che si vuole vendere o comprare, è che tempo fa. "UFF, calduccio oggi eh, Marcello?" "Eh sì, e siamo di già a novembre...  il solito pane cotto a legna?" oppure "Certo che con questa pioggia m'è preso un umido addosso... fammelo bello caldo il cappuccino, vai!"
Perché parliamo del tempo che fa? Perché molto difficilmente ci sarà un disaccordo! E perché non si crea il disaccordo? Perché il tempo metereologico non dipende da noi. Il giorno in cui gli uomini controlleranno il cielo, facendo anche di esso oggetto di mercato, smetteremo di parlare subito del tempo che fa, e perderemo uno dei nostri ultimi strumenti per costruire l'accordo umano, per sentirci tutti membri della stessa comunità: "quelli che stanno sotto il cielo".

Fortunatamente ci rimarrà una seconda forma di chiacchiera buona, la chiacchiera retorico-descrittiva, che nella mia mente prende subito le sembianze di una specifica vecchietta, di cui non so neanche il nome, in verità. Questa simpatica signora, ogni volta che passa davanti a casa nostra e mi trova all'esterno, mi chiede se sto facendo quello che sto facendo. Ad esempio, se sto tagliando l'erba in giardino, mi fa: "Hey, giovane, tagli l'erba?", "Eh sì!", faccio io. E fine. Io continuo e lei se ne va col sorriso. Oppure, se sono nei pressi della cassetta delle lettere: "Oggi c'è posta, eh?", "Eh, davvero, con queste bollette...." (rilancio per avere una reazione), "Mah...." E la cosa finisce. Non sono mai riuscito a scambiarci più di queste parole, giuro. Forse vi sembrerà che questa tipa sia molto curiosa, che voglia farsi gli affaracci degli altri per poi mettere in pratica il primo tipo di chiacchiera, e invece non è così. Ne ho avuto la prova due giorni fa (e questo mi ha spinto a scriverne). Stavo rientrando in casa, ho aperto il cancello, ho fatto due passi verso la porta, l'ho vista, le ho sorriso, e lei mi ha detto: "Che fai, RIENTRI IN CASA?" È stato il massimo, non ho neanche detto niente, perché non c'era possibilità di dire altro che "sì", e quindi era quasi inutile rispondere. Ma non è stato inutile fare la domanda.
Perché con queste chiacchiere povere, a prima vista inutili, semplici e banali, noi cerchiamo di anteporre a tutte le nostre avidità, a tutte le nostre diversità e parzialità, a tutti i nostri interessi in conflitto, un sentimento di appartenenza comune al mondo dei vivi. Al mondo di quelli che tagliano l'erba, pagano le bollette, escono e rientrano in casa. Cerchiamo di restaurare un senso di comunità attraverso quello che abbiamo di più umano: la comunicazione.

2 commenti:

  1. Caro Damiano abbiamo letto in ritardo il tuo post e lo abbiamo trovato bellissimo, poetico e molto vero. Benedetto e Monica

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  2. Io vado a potare il fico in giardino! Nel caso qualcuno volesse chiedermi se sto potando il fico in giardino. Ma non sarà come per il quadro di Magritte della pipa? Ceci n'est pas une pipe. Forse, caro Damiano, la tua vecchina è una vera filosofa! Ci sono più cose tra le cassette della posta e l'erba da tagliare, Orazio...

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