giovedì 4 giugno 2015

Un uomo vivo



Io leggo moltissimo, e se mi chiedeste qual è il mio libro preferito avrei qualche difficoltà a rispondere. Ma quando mi chiedono qual è il mio autore preferito sparo un nome prima ancora che si sia finito di pronunciare la domanda. Il mio autore preferito è Gilbert Keith Chesterton. Il 29 maggio era il suo compleanno: avrebbe compiuto 141 anni, ma è morto nel 1936.
Provo un amore così sconfinato per quest'uomo che mi riesce difficile parlarne. O meglio, mi è difficile esaurirne l'argomento nello spazio di un post sul blog. Eppure, Chesterton ha molto a che fare con questo blog. E io proverò a raccontare qualcosa di lui, così come viene. 
Chesterton è stato un uomo con la stazza di un pachiderma di medie dimensioni, alto oltre un metro e novanta e pesante 130 chili, capelli ricci e grandi baffi, scrittore, giornalista e polemista inglese. Aveva un sorriso sgangherato e contagioso, una vena polemica acutissima e implacabile, una mente brillante e indagatrice, una penna spiritosa, imprevedibile ed esplosiva come un fuoco artificiale. E la cosa più bella è che sposava queste caratteristiche ad un amore allegro e profondo per il mondo e per gli uomini, senza traccia di snobismo culturale, di intellettualismo o di disprezzo per alcun aspetto della vita. 
Aveva la poliedricità del genio e viveva con la felicità della persona più semplice del mondo. Si potrebbe riempire un libro solo di aneddoti su di lui. Conobbe la ragazza che diventò sua moglie a un ricevimento: le disse qualche generica frase su come fosse bella la luna quella sera. Lei, che si chiamava Frances e aveva i capelli rosso fiamma, ribatté recisamente che non sopportava la luna, né affermazioni di quel genere. Gilbert era già conquistato. Del resto fu sempre attratto da persone che la pensavano in modo molto diverso da lui.
Recitò come attore in un film (sfortunatamente mai prodotto!) nel 1914, a fianco di George Bernard Shaw (!). Il regista del film era Barrie, l'autore di Peter Pan(!!). E il film era un western (!!!) - purtroppo ce ne restano solo alcune esilaranti fotografie di scena. Shaw era un nemico-amico con cui non condivideva praticamente una sola opinione, un ateo puritano e astemio, magro come un chiodo. Gilbert, un grassissimo cattolico in pectore (si convertì ufficialmente solo nel 1922) grande estimatore della birra, era il suo opposto in tutto e i due amavano sfidarsi in duelli retorici aperti al pubblico, un pubblico ben felice di pagare per vedere e ascoltare le loro diatribe argutissime. Gilbert fu amico tutta la vita di persone dalle idee spesso diametralmente opposte alle sue, con le quali era in polemica continua ma che stimava e che lo stimavano profondamente. Scrisse un libro intitolato Eretici, che è una raccolta di saggi polemici contro alcuni dei più importanti intellettuali del suo tempo: e buona parte dei destinatari dei suoi strali nel libro erano suoi amici.  

Da sinistra, G. B. Shaw, H. Belloc e Gilbert

Dalle colonne dei numerosi giornali che fondò, diresse o ai quali semplicemente collaborò nel corso della sua vita, espresse la sua opinione su una miriade di argomenti di attualità, con uno sguardo così lucido e profondo sulla realtà che moltissimi di questi articoli sono attuali in maniera sconcertante ancora oggi, a un secolo di distanza. Si battè contro l'eugenetica in un'epoca in cui era un'opinione alla moda, un po' come oggi (ma almeno i contemporanei di Gilbert avevano l'attenuante di non aver mai visto il nazismo all'opera). Avversava il capitalismo e il socialismo e promuoveva il distributismo, una dottrina economico-sociale da lui stesso formulata insieme ad alcuni amici, il più importante dei quali, Hilaire Belloc fu come un fratello per Gilbert fino alla sua morte (i due erano legati da un'amicizia e da un sodalizio intellettuale così stretti che Bernard Shaw li definiva i "Chesterbelloc"). 
Ma scrisse anche di letteratura, con amore e acume. Per esempio, amava Dickens, e compose una serie di brevi saggi introduttivi alle sue opere che sono ancora oggi magnifici. Tra l'altro, se l'era goduta un mondo quando gli era stato richiesto di impersonare il giudice (Bernard Shaw era il presidente della giuria!) nel pubblico processo "letterario" che nel 1914 cercò di stabilire quale fosse la soluzione del Mistero di Edwin Drood, l'ultimo romanzo di Dickens, rimasto incompiuto per la morte dell'autore (Gilbert concluse il processo facendo arrestare tutti i presenti per oltraggio alla corte!).
E poi è stato un autore di narrativa magnifico, con un'inventiva ricca e una conoscenza dell'umano stupefacente. Ha scritto racconti su racconti, spesso polizieschi (un genere che amava molto e che lo divertiva tantissimo): i più famosi sono quelli incentrati sul prete detective Padre Brown, conosciuti anche in Italia. Ma la sua cifra, almeno per me, sono i romanzi, che per originalità, brillantezza e forza sono punti esclamativi nella mia storia di lettrice, da L'uomo che fu Giovedì a L'Osteria Volante a Il Napoleone di Notting Hill.
Fino a Uomovivo, che è il suo capolavoro e il suo manifesto. Ma anche la radice di questo blog. 
Uomovivo è la storia di una tranquilla realtà di provincia sconquassata dall'arrivo un uomo eccentrico che ama la sua vita riscoprendola sempre come nuova in tutti i suoi aspetti, sfrenato ed esuberante, ma anche molto saggio, nel penetrare come un ladro in casa sua, nell'arrivare come uno straniero nel suo stesso paese dopo aver fatto il giro del mondo e nel rapire per una fuga d'amore la sua stessa moglie.
E' facile accorgersi che il vero Uomovivo era proprio Gilbert. 
E anche in Via delle Cose Nuove vogliamo vivere con questo desiderio d'allegria e d'infinito nel cuore, che rende nuova, curiosa e bella ogni cosa - ogni minimo aspetto della vita.

 

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