domenica 12 aprile 2015

Mantenere la propria sanità mentale preparando una colomba di Pasqua. Forse.



Ogni tanto, la nostra natura umana ci spinge a imbarcarci in grandi imprese. Imprese, lo sappiamo, molto superiori alle nostre forze, ma che ci portano a tirar fuori risorse insospettabili. E' il desiderio dell'ignoto, il fascino dello sfidare se stessi, il gusto di raggiungere traguardi che pochi hanno potuto vantare.
E' stato così che, alla vigilia di Pasqua, quest'anno, ho improvvidamente e improvvisamente deciso di cimentarmi nella preparazione di una colomba pasquale, da esibire e servire ai parenti in occasione della festa. Perché, andiamo, comprarla al supermercato siamo buoni tutti. Ma qualcuno ha mai provato a farla? Eh? Eh? 
Così, cerco una ricetta su internet e devo ridimensionare immediatamente i miei progetti. A quanto sembra, la colomba vera e propria è un dolce che deve attraversare qualcosa come quattordici fasi di lievitazione o giù di lì e si prepara in non meno di due-tre giorni di paziente sbattimento, mentre io ho avuto l'idea di questa gloriosa sfida alle mie possibilità culinarie alle due di pomeriggio del Sabato Santo. Ma non è mai troppo tardi, perché un noto sito di ricette propone molto opportunamente una versione adatta a chi non ha tempo da perdere, una colomba "veloce" che si può ottimisticamente sperare di realizzare in sole quattro lievitazioni e complessive diciassette ore di tempo, il che, considerando che ho a disposizione anche la mattina del giorno di Pasqua rende l'impresa possibile. E poi posso sempre dormire, nutrirmi e andare a fare la pipì nei tempi morti, rifletto. In preda a un delirio megalomane decido che, anzi, di colombe ne farò due, una per i miei e una per i suoceri. Si tratta solo di raddoppiare le dosi e suddividerle in due stampi. Bazzecole. 


Prima cosa, vado al supermercato. Sì, il sabato pomeriggio della vigilia di Pasqua. L'incursione risulta una sorta di ordalia purificatrice, una specie di attraversamento della Geenna, tra schiere di invasati dell'acquisto all'ultimo minuto (beh, come me).
Passo tra le merci scaraventate nei carrelli, sgomitando per superare il muro umano formato dalla coda al banco gastronomia e rosticceria (una signora sta urlando che per carità le tengano da parte uno degli arrosti, la fila, come il coro di una tragedia greca, le risponde con collettiva indignazione: signora, siamo tutti qui per questo!). Guardo con disprezzo le colombe infiocchettate che vengono saccheggiate dagli scaffali: troppo facile, se sapeste cosa mi propongo di fare io… Purtroppo qualche effetto del mio essermi mossa tardi lo subisco: la granella di zucchero per la guarnizione non si trova da nessuna parte. Riesco a recuperare gli stampi appositi da colomba, però, e poi uova (visto che prevedo di usare tutta la fornitura settimanale del GAS), farina forte, arance, mandorle e nocciole e vari altri ingredienti. Pur effettuando ogni acquisto di volata non riesco a emergere dal vischioso bagno di folla intenta al consumo sfrenato prima di un'ora intera, anche perché è necessario muoversi con cautela per non investire bambini impegnati in mostruosi capricci per ottenere l'uovo dei Bakugan ("Ce l'ho già quello dei Transformers!").
Una volta a casa, l'esperimento ha inizio. Damiano, con lungimiranza, tira fuori dallo stanzino una vecchia planetaria che io ho sempre rifiutato di usare per i miei dolci, che fosse per me impasterei sempre a mano. "Tanto non la uso", annuncio sprezzante. Dopo venti minuti, la planetaria sta lavorando a pieno regime e io mi chiedo con una certa impazienza per quale ragione non esista un livello velocità 6 per l'impasto ma la levetta arrivi solo fino a 5. Durante le lievitazioni, doso gli ingredienti che serviranno per lo stadio successivo e cerco di ripulire, ma ben presto la cucina si trasforma in un campo di battaglia. Senza contare che questo sistema effettivamente ottimizza i tempi, ma di andare in bagno o mangiare non se ne parla. Perdo una cosa tipo quaranta minuti per grattugiare la buccia delle arance e dei limoni, compulsando internet alla ricerca di un metodo per non far incastrare l'80% dei trucioli negli interstizi tra i fori della grattugia (per la cronaca, esiste ed è anche un ottimo metodo: stendere un pezzo di carta da forno sopra la grattugia e usarla così: rimane tutto sulla carta e si può poi agevolmente rovesciare da parte). Damiano a un certo punto è praticamente costretto a buttarmi fuori dalla cucina per cominciare a preparare una pizza veloce per noi e due nostri amici. Capisco, guardandomi allo specchio del bagno, che devo ritenere il suo intervento come un messaggio della provvidenza e rinuncio a impostare la preparazione del trito di mandorle per la glassa, rimandandolo a tempo indeterminato per farmi una doccia e non terrificare i presenti come l'Invasata della Cucina.
Dopo la cena, sbatto nel forno ancora tiepido per la pizza l'impasto alla sua terza lievitazione, che dovrebbe durare dodici ore, e ce ne andiamo tutti alla Messa della notte. E per un bel po' di tempo, l'attenzione è giustamente rivolta al Protagonista.


La mattina dopo, la sveglia suona, ma è come se parlasse e dicesse: "glassa!glassa!glassa!glassa!"
Obbedisco. Compiaciuta constato che il composto è lievitato fino a raggiungere dimensioni quasi inquietanti. Aggiungo l'uvetta, do un'ultima impastata a mano, compongo le due colombe nei rispettivi stampi e poi preparo una meravigliosa glassa a base di albumi, zucchero di canna e trito di mandorle e nocciole, che viene stesa sulla superficie delle mie due bambine. Ancora una lievitazione, l'ultima, mentre facciamo colazione. 


Poi la cottura in forno: e intanto mi arrovello sul problema che mi assilla da quando ho letto la ricetta la prima volta. Dice, una volta estratta la colomba dal forno, di farla raffreddare rovesciata, altrimenti potrebbe collassare al centro. Si possono usare appositi sostegni in polistirolo, dice, e come no. I famosi Sostegni in Polistirolo per far raffreddare le colombe pasquali, chiunque ne ha in ogni cassetto della cucina. Sbircio nei commenti alla ricetta alla ricerca di soluzioni, e con mio orrore crescente mi imbatto piuttosto in desolati "A me non è venuta bene" "Ma siamo sicuri che debba lievitare così tanto?" "L'uvetta mi fa schifo, non c'è una ricetta senza uvetta?" "Mi si è sgonfiata" "La crosta si rompe subito" e via dicendo. L'ansia sale, e quando estraggo le colombe, che sono magnifiche, gonfie e bruno dorate, ho praticamente il terrore di vederle sgonfiarsi come un palloncino bucato. Cerco maldestramente di piazzarle appoggiate a qualche pentola rovesciata quando un pezzo di crosta si stacca. Le urla isteriche richiamano Damiano che decreta che il Signore non  permetterà che la colomba si sgonfi dopo tanta fatica, e che in ogni caso è ora di andare perché i miei ci aspettano a pranzo da mia zia. Si rivela profetico perché non si è sgonfiata  né la colomba portata via ancora calda avvolta nell'alluminio, né quella lasciata a casa in attesa della cena dai suoi il giorno dopo. Erano buone. Entrambe. Morbide, con la crosta croccante.
Ma se mi chiedete se consiglio di farlo anche a voi, beh...


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