Questo post comincia
con una storia (vera). C'era una volta una signora americana, che si chiamava
Athena Hohenberg, e che si imbattè al supermercato in un barattolo di Nutella.
Lo comprò per provarlo e, evidentemente approvandolo, lo somministrò a se stessa
e alla sua famiglia per un certo periodo di tempo. Poi, un bel giorno, fece una
scoperta del tutto sconvolgente, spaventosa, in grado di destabilizzare
chiunque. Reggetevi ai bordi della sedia, cari lettori. Athena scoprì che la
Nutella non era un cibo sano. L'orrore
quasi la sopraffece, e credo che la gran parte di voi sia rimasta sgomenta
quanto lei ad apprenderlo. Athena non era mai stata sfiorata da un simile
pensiero, perché aveva visto alla televisione uno spot con bambini che
mangiavano di gusto pane e Nutella, e una voce che commentava quanto questa
colazione fosse sana e nutriente, l'ideale per cominciare la giornata. O
qualcosa di simile. Vista questa pubblicità, mai il più piccolo dubbio aveva a
quanto pare sfiorato la mente di Athena, perfettamente convinta, a suo dire, di
star somministrando ai propri pargoli una colazione virtuosa nutrizionalmente
quanto una scodella di crusca e yogurt magro affiancata da una spremuta di
arancia biologica. Né l'aspetto, né la consistenza, né il sapore, né la lista degli ingredienti stampata
sull'etichetta del barattolo, le avevano mai
portato dei sospetti.
Così, la candida
Athena querelò la ditta produttrice per pubblicità ingannevole, e questa storia
ha un lieto fine perché ottenne, a quanto pare, un risarcimento stratosferico,
mentre l'America si riempiva magicamente di centinaia di madri cadute dal pero,
che realizzavano solo in quell'attimo
quanto poco sana fosse la Nutella, cosa che, anche loro, a quanto pare, mai
avevano sospettato prima… che Athena vincesse la causa.
Ora. Questo apologo
non vuole essere una critica alle class action
contro le multinazionali, né una perorazione a favore della salubrità della
Nutella. Riconosco che a qualunque lettore italiano il tutto risulta immerso
nell'atmosfera surreale che hanno per noi certe vicende d'oltreoceano.
Voleva solo essere
un'introduzione al nostro modo di fare un po' di consumo critico (giusto un
po', la strada è lunga!), e che non è
questo. Non è, cioè, pretendere una cristallina verità dalla pubblicità a colpi
di sentenze, né pretendere il diritto di non leggere etichette, non informarsi,
non scegliere consapevolmente cosa sia buono o da scartare per noi in quello
che acquistiamo. Naturalmente, vogliamo che ci sia trasparenza sull'origine, il
contenuto, la storia produttiva del prodotto, e vogliamo che ci siano controlli
di sicurezza previsti per legge, e via dicendo, ma alla fine dei conti, siamo
noi a decidere cosa mettiamo nel carrello, e successivamente in bocca o
addosso, e in che quantità, e non possiamo aspettarci che la tutela dello stato
arrivi al punto di prendere il posto delle nostre valutazioni personali in
ultima istanza - non dovremmo neanche augurarcelo,
a dire il vero.
Quindi, noi abbiamo
deciso di cominciare a fare un po' di
consumo critico partendo dalla valutazione personale: abbiamo cioè creato con
altri amici un piccolo GAS - un Gruppo di Acquisto Solidale, il cui scopo
principale è, almeno per ora, aiutarci vicendevolmente nel cercare di
acquistare alcuni prodotti direttamente dal produttore, preferibilmente in
zona, per vedere, valutare, assaggiare e decidere.
Poca roba, per
adesso: il latte da una mucca del paese una volta alla settimana (il centralino
di distribuzione delle bottiglie e raccolta dei vuoti del GAS è nel nostro
sgabuzzino), il miele, qualche verdura (per prova, ci sono arrivati cinque
chili di bieta, e probabilmente non vi immaginate neanche quanto spazio occupano cinque chili di bieta- neanche noi
lo immaginavamo prima che arrivassero nella nostra cucina), da poco le uova,
occasionalmente una puntata fuori zona per provare qualche produttore
interessante (cereali e legumi biologici). E' un'avventura fonte di una miriade
di aneddoti - ci sarà tempo per raccontarli - e di qualche vera soddisfazione.
Per noi è anche l'occasione di sperimentare uno stile di vita un po' più
orientato alla condivisione, e di goderci una microavventura con alcuni dei
nostri più cari amici.
E' il nostro modo di
provare un approccio diverso alla spesa.
(Sì, ne siamo
consapevoli: niente cause miliardarie da vincere dietro l'angolo, con questo
approccio…)
(Dile)
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